Con The Flash (vol. 6) n. 25 (corrispondente al n. 825 della serie vol. 1) si chiude la corsa di Si Spurrier alla guida della serie, e lo fa con un finale che conferma quanto sia stato audace e umano l'approccio al personaggio di Wally West. Negli ultimi due anni ha portato Flash in territori che pochi avrebbero immaginato: dall’horror cosmico alla fantasy, fino alla epopea di fantascienza che ha caratterizzato l’arco “Bad Moon Rising”. Eppure, il cuore della sua run è sempre rimasto la famiglia West, nucleo emotivo attorno a cui tutto ruota.
Il merito va condiviso con il comparto artistico. Vasco Georgiev e Matt Herms hanno trovato un equilibrio perfetto tra leggerezza cartoonesca e potenza visiva, rendendo tangibile la supervelocità e la delicatezza dei momenti più intimi. In un numero in cui i dialoghi e le emozioni dominano l’azione, i loro volti raccontano più di mille parole, con colori che sanno alternare brillantezza e tensione in un modo che rende la lettura viva e vibrante.
Guardando indietro, la run di Spurrier sarà ricordata per i suoi “big swings”, i colpi di scena coraggiosi che non sempre hanno centrato il bersaglio, ma che hanno dimostrato un amore sincero per il rischio creativo. Non tutti i lettori hanno seguito ogni sperimentazione con entusiasmo, ma è impossibile non riconoscere la volontà di spingersi oltre i confini della comfort zone del personaggio. E ciò, in una serie che vive all’ombra delle sue stesse tradizioni, è già un valore.
Ora che Spurrier lascia il testimone, la domanda è se chi verrà dopo avrà il coraggio di mantenere quello spirito di ricerca o preferirà tornare a una dimensione più sicura e classica. Perché, al di là degli alti e bassi, ciò che questa run ha dimostrato è che The Flash può essere molto più di una serie di corse contro il tempo: può essere un viaggio che attraversa generi e mondi, senza smettere di raccontare la storia di una famiglia che corre unita, nonostante tutto.
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