Il ritorno di X-Men: The Undertow #1 mette Lifeguard e Beak al centro di una fase post-Krakoa che sembra voler riflettere sul senso del “sogno mutante”. Da un lato Lifeguard, costretta a interrogarsi sul significato della lotta degli X-Men in un mondo sempre più ostile, dove le certezze non reggono più e adattarsi diventa un imperativo. Dall’altro c’è Beak, figura quasi marginale ma caricata di aspettative familiari durante un innocuo pranzo del Ringraziamento.
Lifeguard diventa simbolo di una generazione mutante costretta a ridefinire il proprio ruolo, mentre Beak incarna il lato più umano e disarmante degli X-Men, che ricorda che dietro poteri e battaglie ci sono persone con famiglie, paure e vite quotidiane. Il team creativo di Alex Paknadel, Tim Seeley, Diogenes Neves ed Eric Koda sembra voler recuperare una sensibilità che i cicli post-Krakoa non sempre hanno avuto: meno mitologia, più conseguenze e più riflessione.
In questa prospettiva, anche una scena apparentemente ordinaria come un pranzo in famiglia può diventare il terreno su cui esplorare il peso delle aspettative eroiche e la difficoltà di conciliare identità pubblica e privata. La domanda che emerge, sottilmente, è se il sogno mutante possa ancora esistere senza Krakoa e senza le grandi narrazioni. The Undertow non offre ancora risposte definitive ma, almeno nel suo incipit, sembra promettere un racconto in cui gli X-Men non sono solo icone, ma anche persone tra memoria e futuro.
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