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Con Absolute Batman #13, Scott Snyder e Nick Dragotta portano la loro visione del Cavaliere Oscuro ad un punto di svolta: il mito si trasforma in presenza reale. Per la prima volta, l’“uomo nel buio” si rivolge direttamente a Gotham. Non più solo una voce sussurrata nei vicoli o una sagoma che terrorizza i criminali, ma una figura che parla, pubblicamente, al popolo. È un gesto potente, sovversivo per la tradizione e che Snyder utilizza come rottura simbolica rispetto al concetto di “leggenda urbana” che da sempre definisce Batman.

Il Batman di Absolute è un eroe operaio, “blue-collar” come afferma l’autore: un uomo che costruisce, suda, reagisce, e adesso decide di mostrarsi. Non è più un mito che vive nella paura, ma un simbolo che agisce alla luce del giorno. In questa scelta si intravede Year One di Frank Miller, ma anche del Dark Knight Returns: entrambe opere in cui Batman si confronta con la società, sfidandola a guardarlo. E, come nei migliori momenti, le parole contano più dei pugni.

Il discorso di Batman a Gotham ha una forza visiva e retorica che richiama il cinema di Michael Keaton quanto l’anarchico “broadcast” di V for Vendetta. Ma qui non c’è ironia, né distanza satirica: c’è un uomo che decide di prendersi la città, non più come ombra ma come coscienza collettiva. Il gesto è rischioso — snatura la dimensione mitica del personaggio — ma Snyder sa che i miti devono cambiare.

Con questo numero, Absolute Batman abbandona la dimensione del “fantasma di Gotham” per diventare la voce del suo popolo. È un Batman che non si nasconde più dietro la paura, ma che la trasforma in linguaggio politico, in sfida pubblica. Un Batman, insomma, che non teme più di essere visto. Ed è proprio questo il punto: quando un eroe smette di essere una leggenda e sceglie di diventare una realtà, l’effetto non è la perdita del mistero, ma l’assunzione di una nuova responsabilità. Gotham ora sa chi la protegge.

Posted by at ottobre 10, 2025
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