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L’Overture di X-Men: Age of Revelation, firmata da Jed MacKay e Ryan Stegman, si apre con un’idea che mescola tradizione e rottura: un futuro a dieci anni di distanza, governato da Doug Ramsey – non più il timido traduttore dei Nuovi Mutanti, ma l’erede di Apocalisse e nuovo centro di gravità del mondo mutante.

Quello che colpisce subito non è solo l’ambientazione distopica, ma il rovesciamento dei ruoli. Ramsey appare al tempo stesso salvatore e carnefice, un Omega Mutant che ha liberato il virus contro cui ora lotta, incarnando una parabola alla V for Vendetta. È un potere che non amministra solo abilità linguistiche, ma la chance di “accordare” le capacità degli altri mutanti. Un leader divino o un dittatore? La linea è sottile, e gli autori ci giocano con grande consapevolezza.

Accanto a lui troviamo Cyclops, riportato nel presente con la sua mente dal passato – un richiamo diretto a Days of Future Past – e ancora una volta posto nella scomoda posizione di uomo fuori dal tempo, costretto a capire un mondo che non riconosce. Interessante la scelta di vestirlo con la scritta “Doug Ramsey was right”: un gesto ironico e un’amara constatazione sul fatto che le rivoluzioni, anche quelle guidate da figure discutibili, spesso producono realtà difficili.

Il momento più spiazzante però riguarda Glob Herman. Personaggio a lungo trattato come barzelletta vivente – corpo traslucido, ossa a vista, un “inutile” tra i mutanti – che qui si reinventa come Che Glob-vara: armato di un’arma in perfetto stile Liefeld, si trasforma da figura marginale a icona rivoluzionaria. Ribaltamento che fa un poco sorridere, ma che al tempo stesso sottolinea come in un mondo al collasso chi può diventare simbolo, se vuole sporcarsi le mani. 

Il suo gesto estremo, l’uccisione di Kwannon, è il momento in cui la narrazione ci ricorda che la rivoluzione non è romantica: è sporca, sanguinosa e sempre più indiscriminata, fino a puntare ai bambini. Sul fondo, si muove ancora Hank McCoy, il Beast, che da sempre gioca con il tempo e con l’etica dei viaggi temporali. La sua presenza sembra ammonire: ogni lezione non imparata dalla storia si ripete.

Age of Revelation Overture non è un semplice “Elseworld mutante”: è un commento meta-narrativo sul ruolo delle rivoluzioni, sui leader che si autolegittimano creando i problemi che poi fingono di risolvere, e sull’idea che persino il più improbabile dei mutanti possa diventare un simbolo rivoluzionario se il contesto lo richiede. Perciò la domanda di fondo resta: chi sono i veri cattivi qui? Doug Ramsey con la sua “utopia” forzata, o la ribellione che si radicalizza fino a perdere ogni innocenza? E ora che succederà?

Posted by at ottobre 01, 2025
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