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Ciò che accade in Venom #250 è un gioco metanarrativo che da un lato è affascinato ma dall'altro è un po’ crudele: Mary Jane Watson, storica musa, modella e attrice, prova a rilanciare la sua carriera… ma i ruoli da protagonista non sono più per lei. Se vent’anni fa era la “fidanzata del supereroe” nel film su Lobster-Man, oggi Hollywood la ricolloca come zia, la versione matura del personaggio. In altre parole, da Mary Jane a quasi una zia May.

È un riflesso parecchio ironico di come funziona davvero l’industria cinematografica: le attrici vengono rapidamente “spostate” da ruoli di desiderio a ruoli materni, o addirittura marginali, mentre i colleghi maschi mantengono a lungo lo status di eroi action. In questo senso, la storia tocca corde reali, rendendo Mary Jane un personaggio più vicino ai lettori adulti, che hanno vissuto il passare del tempo.

La scelta di Al Ewing e colleghi di far convivere questa storyline con il ritorno di Knull ha un effetto quasi straniante: da un lato MJ deve affrontare la crisi d’identità professionale e il peso dell’età, dall’altro veste i panni di Venom, pronta a "difendere" New York da minacce cosmiche. Come se due generi si incrociassero: il dramma realistico di Hollywood e la space-opera dark del simbionte.

Insomma, alla fine abbiamo una Mary Jane come specchio del tempo che passa anche nei fumetti, non più “eterna ventenne”. La critica implicita all’industria del cinema e alla sua logica di casting. Il nuovo ribaltamento: MJ, un tempo “donna da salvare”, ora “eroina insieme al simbionte”. In fondo, Venom #250 ci dice che Mary Jane non è più “solo” un love interest o una comparsa: che sia come attrice riciclata da Hollywood o come nuova Venom, resta al centro della scena.

Posted by at ottobre 01, 2025
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