Nel pieno della tempesta di vari annunci del New York Comic Con 2025, la Marvel ha confermato il ritorno di Moon Knight con una nuova testata regolare che debutterà a febbraio 2026. La notizia arriva poche ore dopo l’altra bomba della convention — la chiusura dell’Ultimate Universe prevista per aprile e contribuisce a definire la strategia editoriale della Casa delle Idee per l’anno prossimo: meno linee parallele, ma più spazio ai personaggi capaci di reggere.
Non è un caso che l’annuncio arrivi nell’anno del cinquantesimo anniversario della sua apparizione, in Werewolf by Night #32 del 1975, per mano di Doug Moench e Don Perlin. Mezzo secolo dopo, Marc Spector torna al centro della scena in un momento in cui il personaggio non è mai stato così complesso: ex marine, ex agente della CIA, mercenario, e infine avatar del dio egizio Khonshu, Moon Knight continua a incarnare una delle dualità dell’universo Marvel — quella tra redenzione e disintegrazione.
Le ultime saghe lo avevano visto come Fist of Khonshu, impegnato in una guerra sotterranea contro i vampiri dell’universo Marvel, in bilico tra alleanze e deliri mistici. Ora, secondo le prime voci diffuse al Retailer Day del Comic Con, la nuova serie potrebbe ripartire proprio da qui: dalle conseguenze spirituali e psicologiche di un uomo che ha perso sé stesso per diventare il veicolo di una divinità.
La scelta di mantenere Jed MacKay alla scrittura è significativa: il suo approccio realistico e psicanalitico al personaggio ha restituito a Moon Knight una dimensione drammatica che ne ha consolidato il successo, anche dopo la serie televisiva del 2022 con Oscar Isaac. È difficile pensare a un altro eroe Marvel che racchiuda con tanta evidenza la frattura tra identità e missione, tra fede e follia.
Con Moon Knight (Vol. 2026), la Marvel sembra voler ribadire che il futuro non sarà soltanto fatto di multiversi e cataclismi cosmici — ma anche di figure liminali, simboliche, capaci di narrare l’oscurità interiore del supereroe moderno. E se l’Ultimate Universe si avvia alla fine, Moon Knight rappresenta il contrario: la sopravvivenza dell’ambiguità come chiave narrativa.
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