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Con DC’s K.O. Scott Snyder e Javier Fernández spingono l’universo DC verso un territorio più metafisico, dove la linea tra coscienza e materia, divinità e tecnologia, si fa più sottile. Il n. 1 introduce infatti un nuovo elemento che domina la scena e ne diventa perciò la voce narrante: l’Omega Engine, il cuore senziente della corruzione che si sta diffondendo sulla Terra, preludio al ritorno di Darkseid.

Il concetto di fondo è così chiaro: il “Cuore di Apokolips”, nato nelle profondità del pianeta, non è soltanto un artefatto cosmico, ma una entità viva, capace di scegliere, di giudicare e, come scopriamo in questo numero, di raccontare la storia stessa. È un’intuizione che sposta immediatamente la prospettiva narrativa. Non sono più i supereroi o i villain a guidare il racconto: è la macchina divina che osserva gli eventi e li commenta, una sorta di voce che giudica le scelte dei 32 campioni umani impegnati nel torneo.

S. Snyder costruisce così una struttura che si riflette su se stessa: l’Omega Engine è la Terra, ma è anche l’occhio che la osserva. È il motore della distruzione e il narratore della propria inevitabile corruzione. La somiglianza con il meccanismo di Eternals di Kieron Gillen e Esad Ribić è evocata — la nota “Machine That Is Earth” dei Celestiali trova qui una controparte ancora più cupa e disperata. Ma dove la macchina di Gillen sviluppava un tono ironico e quasi umano, l’Omega Engine di Snyder è istinto cosmico, senza pietà, senza ironia, privo di gravitas perché oltre la gravitas stessa.

Nel testo si accenna infatti a come DC’s K.O. non tenti nemmeno di “costruire” solennità attraverso la morte o la tragedia — “corpses are indeed a good shortcut to gravitas”, scrive con tono ironico l’articolo originale — ma scelga invece una via più diretta e brutale: quella del puro caos mitologico. In questo senso, K.O. è definito un “Metal III”, quasi a sottolineare la continuità con l’estetica di Dark Nights: Metal e Death Metal, dove il cosmo DC era già stato riscritto come una sinfonia distorta di energie cosmiche e simboli corrotti.

L’Omega Engine è dunque il nuovo strumento attraverso cui Snyder aggiorna quella poetica: una voce, che unisce dimensione cosmica di Apokolips all’intimità corrotta della Terra. Parla, osserva, giudica, ma non redime. È la fusione finale tra il linguaggio della tecnologia e quello della divinità, un dio-macchina che si sostituisce a Darkseid stesso come coscienza narrante del caos.

Tale espediente produce un effetto duplice. Da un lato, restituisce coralità epica al racconto: ogni battaglia, ogni scontro tra campioni è osservato dall’interno del cuore che li consuma. Dall’altro, crea un senso di inevitabilità: se è l'entità che corrompe allora il destino dei personaggi è già scritto. La voce del motore diventa così il simbolo della fine dell’eroismo tradizionale, un commento meta-testuale sull’impossibilità di sfuggire alla propria natura in un universo dove persino il narratore è contaminato.

Snyder e Fernández, in questo primo capitolo, scelgono pertanto di ribaltare l’idea stessa di evento crossover: non sono più gli eroi a determinare la posta in gioco, ma l’universo a giudicarli attraverso una coscienza che li osserva e li manipola. E mentre la Terra stessa si trasforma nel campo di battaglia di Apokolips, il lettore si ritrova trascinato in una narrazione che non ha più confini chiari.

Posted by at ottobre 11, 2025
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