“Laura Kinney: Sabretooth #1” rappresenta una delle scelte più controverse e anche potenzialmente divisive del panorama Marvel contemporaneo. L’idea che Laura Kinney, già nota come X-23 e successivamente come Wolverine, possa ora adottare il nome del suo storico nemico Sabretooth non è solo un’operazione narrativa, ma un gesto di rottura simbolica con la sua stessa genealogia eroica. La domanda che attraversa l’intera premessa è chiara: perché una figura cresciuta per emanciparsi dalle ombre maschili di Logan e Creed decide di incarnare proprio quella più brutale e animalesca?
L’accenno alla collaborazione con Revelation e ai segreti taciuti al mondo mutante apre scenari politici ampi: l’universo X è da tempo un campo di tensione fra appartenenza ed autonomia, nonché fra identità e divisione. Laura come Sabretooth, potrebbe porsi come figura liminale tra due logiche — quella del potere individuale e della lealtà al gruppo — riflettendo la crisi della società mutant.
“Laura Kinney: Sabretooth #1” si presenta come esperimento che potrebbe ridefinire la percezione del personaggio — a patto che non si riduca a un semplice stratagemma editoriale. Se Schultz riuscirà a usare questo ribaltamento identitario per esplorare davvero il tema dell’eredità, della colpa e della libertà, allora l’adozione del nome Sabretooth sarà ricordata come una svolta autentica nella parabola di Laura Kinney. Se resterà un esercizio di stile rischierà di svuotare la complessità costruita in anni di evoluzione del personaggio.
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